Mobilità, fra transizione energetica e incentivi
ACI – che tutela e difende il diritto alla mobilità nel nostro Paese – ha individuato i principali obiettivi che devono essere messi sempre al centro del dibattito e dell’iniziativa comune: tra questi non possono essere trascurati la sicurezza e l’efficienza ma anche l’inclusione sociale

Il processo di rinnovamento dell’intero sistema della mobilità attualmente in corso ha bisogno di punti fermi che l’Automobile Club d’Italia ha sintetizzato
Il profondo cambiamento delle caratteristiche della mobilità in senso generale cui stiano assistendo in questi anni deve essere accompagnato da una lucida attenzione che consenta di ottimizzare le novità e gli avanzamenti tecnologici, senza ostacolare l’intero processo. Per questo motivo ACI – che tutela e difende il diritto alla mobilità nel nostro Paese – ha individuato i principali obiettivi che devono essere messi sempre al centro del dibattito e dell’iniziativa comune: tra questi non possono essere trascurati la sicurezza e l’efficienza ma anche l’inclusione sociale.
Quello che appare, tuttavia, come l’argomento chiave da porre al centro della discussione - anche perché ha il maggior impatto dal punto di vista economico e sociale è quello dell’effettivo effetto della transizione da un punto di vista ambientale. Siamo di fronte alla più grande sfida del settore dei trasporti e, in particolare, del comparto automobilistico e, anche se quest’ultimo partecipa in maniera marginale, a livello complessivo, all’emissione di CO2, è doveroso che si intervenga nella misura giusta per sostenere il processo evolutivo. Entro il 2030, l’Unione Europea chiede una riduzione di gas a effetto serra del 55% che ci permetta di raggiungere gli ancora più ambiziosi obiettivi di neutralità climatica del 2050. Siamo tutti convinti del processo di decarbonizzazione, che è obbligato. È necessario, tuttavia, ed è l’auspicio di ACI, che anche nei settori tradizionali si investa in questo senso.
Gli studi sulla CO2
Riconvertire è la parola d’ordine, ma a cosa? Con le tecnologie attualmente a disposizione, gli studi ACI e Fondazione Caracciolo su questo specifico argomento, mostrano come sia fondamentale – nel confrontare le emissioni di CO2 dei veicoli termici e di quelli a batteria – esaminare l’intero ciclo di vita: ricerche in tal senso dimostrano, infatti, che un veicolo elettrico - in fase di costruzione - emette l’82% di CO2 in più rispetto a uno a benzina.
Allo scarico, una utilitaria elettrica fa registrare emissioni nulle di C02 al chilometro mentre una analoga a benzina produce almeno 0,124 chilogrammi di biossido di azoto, una a metano 0,103 chili e un’ibrida 0,113. Analizzando, invece, il totale delle emissioni per produrre la stessa vettura ed alimentarla per 75.000 chilometri, il gap si riduce notevolmente: quella a benzina comporta emissioni complessive di 15,1 tonnellate di CO2, superando di meno di 3 tonnellate l’elettrica (12,2)) e seguita a breve distanza dall’ibrida (13,8) e da quella a metano (13,1). L’analisi ACI evidenzia anche che le emissioni complessive di CO2 generate da produzione, alimentazione e uso di un’autovettura di alta gamma a batteria superano notevolmente quelle di un’utilitaria a benzina: 1.646 chilogrammi di CO2 contro 1.205 per una percorrenza di 8.500 chilometri.
Altrettanto importante è valutare la fonte che genera il vettore energetico e, quindi, la partecipazione delle fonti rinnovabili nella produzione dell’elettricità. Entro il 2030, infatti, in Italia questa dovrà essere prodotta proprio da fonti rinnovabili. Il veicolo elettrico raggiunge la neutralità totale, sotto il profilo delle emissioni solo quando queste fonti alimentano il 100% della produzione. Per approfondire il tema, si può consultare lo studio completo Fondazione Caracciolo (pdf, 4 Mb)
Incentivi unica scelta
Le questioni relative alla valutazione effettiva delle emissioni non cancellano la posizione ovviamente favorevole di ACI nei confronti della transizione energetica. Tuttavia, proprio per quanto appena detto, non è credibile ipotizzare una “fuga in avanti” che cancelli ogni passaggio intermedio tra la situazione attuale e quella disegnata con una progressiva affermazione delle auto a batteria. In questo discorso si inserisce la posizione forte da sempre assunta da ACI sul piano degli incentivi all’acquisto – anche delle vetture usate purchè delle classi energeticamente più virtuose - e il sollecito ripetutamente indirizzato al governo affinché si concentri su provvedimenti utili allo svecchiamento del parco auto circolante. Nel nostro Paese, infatti, un’autovettura su 3 è un pre-euro 4. Due su 3 sono pre-euro 5. Queste auto inquinano anche 20 volte di più di un euro 5 e 6, oltre ad essere più insicure, con una probabilità d’incidente 3 - 4 volte superiore.
La prima leva, per ACI, è quindi quella dell’incentivazione alla rottamazione e la parallela sostituzione. Nel 2019-2021 sono stati destinati all’acquisto di auto elettriche nuove 822 milioni di euro, che hanno prodotto un aumento della quota di mercato dallo 0,06% di inizio triennio allo 0,2 di fine periodo. Se la stessa cifra fosse stata destinata, in questa fase, alla rottamazione avrebbe generato risultati migliori a livello ambientale.
ACI ritiene che sia giusto e doveroso favorire la diffusione dell’auto elettrica per far abituare il consumatore a questo nuovo mezzo ma sarebbe opportuno che gli incentivi venissero graduati nel tempo man mano che migliorano le tecnologie e che si incrementa la produzione da fonti rinnovabili. In parte il governo ha provveduto in questo senso con incentivi alla sostituzione delle vetture più anziane anche con modelli usati e non necessariamente 100% elettrici. Ma il cammino da compiere rimane ancora lungo e la situazione globale non consente di perdere ulteriore tempo.